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uomodirame.bsky.social
Scrivo per cicatrizzare, sanguinare, respirare, vivere, sopravvivere.
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In fin dei conti, tifare per gli ultimi mi risulta indispensabile, detesto chi si proclama vincente, spesso in discordanza col rispetto di chi è caduto, di chi non ha potuto e di chi avrebbe voluto se fosse stato invitato. Ecco, quelli esclusi dalle feste mi avranno sempre dalla loro parte.

Abitare il digitale come forma di alternativo metadone, simil succedanea a una realtà, a un tangibile non pienamente soddisfacente e che, potendo, farebbe barattare subito con lo stare con chi si vorrebbe essere, a essere ciò che non può, a far ciò che si desidererebbe compiere ma che non si riesce.

Curiosa questa felicità, un poco timida che non vuole palesarsi per paura di essere scoperta, eppure parecchio puttana, che se potesse cavalcherebbe ogni anfratto di pubblico piacere. Alla fine si mette lì, le gote rosse per il il pudore, le chiappe in fiamme perchè ha goduto, così si oblia, fiera.

Minimizza pure l'amore, tanto la questione è semplice: quando arriva sei fottuto, e improvvisamente ti trovi a chiederti a quante balle ti sei dovuto sparare in vena per restare a galla senza apparire un tossico di solitudine. Amore per un uomo, una donna, un dio, uno straccio di ideale poco rileva.

Nessuno dovrebbe iniziare la giornata senza un abbraccio.

E poi, che è successo? Nulla, ha vinto la vita. Il che può essere la cosa più bella o più triste che esista.

Risiede qualcosa di estremamente seduttivo nella cultura, quando si distanza da strumento elitario e snobista, per diventare elemento di inclusione e vicendevole crescita. Quel tratto distintivo diventa se-ducente, compiendo quell'etimologico seducere del portare in disparte, nella fascinazione.

Egoismo e amor proprio, una linea sottilissima a discernere il troppo valore del sé e la giusta importanza nel percepirsi compiuti, felici, appagati. Eppure una demarcazione netta esiste: nell'amor proprio nessuno è leso e, mentre non ignori le spettanze altrui, semplicemente non dimentichi le tue.

Ho sempre notato che si è nudi non tanto quando si è svestiti, piuttosto quando cedi le tue fragilità a una persona, confidando che ne uscirai più forte di prima. Lì sei senza abiti, senza pelle, senza nulla, talchè un gesto o un tono inopportuno e sei di colpo coperto da mille coperte di ghisa.

Ho voglia di impossibile.

Quanto mi piace la gente che non dà la colpa agli altri.

Dire no, non ho voglia, non me la sento, rimane comunque una risposta degnissima, giusto per ricordarsi sempre che rifiutarsi è un diritto. Ciò in qualsiasi fase, in qualsiasi momento, di qualsiasi relazione.

Guardo il cielo stasera e mi sento piccolissimo e immenso, un pulviscolo e l'eterno, mi sento chi sono e chi non sono. Mi sento l'intera umanità e nemmeno me stesso; ridimensionarsi per elevarsi. Che terribile tentazione irresistibile, immergersi nel Creato e sparire, per diventare chi sei.

Gli accadimenti più intensi, più veri, piu travolgenti nulla hanno a che fare con la volontà, con la costruzione. Ciò che puoi costruire è la tua essenza più profonda, parata ad accogliere tale bellezza con le giuste coordinate emotive, scoprendo poi che vi sarà un fianco che comunque sarà scoperto.

Per esempio il rovescio di Federer. Ogni tanto andare a riguardarselo.

Uno scambio notevole, profondo. La magia di quando percepisci lo stato di qualcuno e gli scrivi, quasi fosse un flusso incontenibile. E d’incanto scopri che non sei tu ad essergli stata utile, ma lui a te. Amo I “maestri” che non hanno la pretesa di insegnarti qualcosa❤️

I dolori lancinanti non hanno manici ergonomici né prese facilitate. Sono coltelli fatti di sole lame seghettate che ti sono consegnati mentre stavi tagliando il pane in un giorno qualunque. Gli addii non bussano, non chiedono permesso, non ti avvisano, non ti preparano. Ti violentano silenti.